E liberaci dal malware

05/10/2023 | 545

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E liberaci dal malware

di Duccio Canestrini – Antropologo Culturale

 

In pochi decenni siamo passati dal lavatoio di paese alla lavatrice digitale, praticamente un computer per lavare le camicie. Molte attività sono diventate digitali e buona parte delle nostre relazioni si sono spostate online, quindi è logico che anche le truffe abbiano seguito questo spostamento. I ladri sul web non fanno ancora paura come i ladri sul balcone, ma ci sono. Quanto ci dobbiamo preoccupare? A chi rivolgere le nostre suppliche? Ci dovremmo preoccupare tanto, ma senza andare in ansia. Nella storia dell’umanità i pericoli sono stati (e rimangono) altri: minacce fisiche, rapine, tranelli fatali. La digitalizzazione ha facilitato i raggiri, le induzioni in errore, i furti di identità. Ma noi, culturalmente, non siamo ancora preparati a difenderci dagli aspetti rischiosi del web. Gli esperti di cybersicurezza ricorrono spesso alla metafora della porta: così come non lasciamo la porta di casa aperta la notte, dicono, non dovremmo lasciare aperte altre porte, virtuali. Si parla dunque di una nuova alfabetizzazione, per imparare a riconoscere le minacce e la “lingua” dei potenziali truffatori. Con una nuova cultura della cautela. Come fossimo esploratori di un nuovo mondo, pur abitando in valle. Chi ci attacca punta sulle nostre emozioni, facendoci agire d’istinto. Ecco perché occorre sviluppare quella che viene definita intelligenza emotiva: una consapevolezza di sé e dei propri limiti, oltre che dei rischi esterni. La trasformazione digitale porta grandi opportunità ma anche implicazioni etiche e antropologiche. Prevenire e punire gli abusi non basta. Viviamo in un clima da Far West informatico e di solitudine, aggravata dal raffreddamento dei contatti umani in seguito alla pandemia. Per molti la rete è stata la salvezza. Certo sarebbe bello fidarsi, sempre. Naturalmente ci sono professionisti esperti che danno informazioni utili e fanno un’adeguata formazione. Ma dobbiamo metterci anche del nostro. Il che significa valorizzare la privacy, con un maggior discernimento tra la dimensione pubblica del mondo online e la dimensione privata del mondo offline. Coltivare sani dubbi, valutando l’affidabilità dei mittenti e delle fonti. Esercitare il pensiero critico, vale a dire come pensare più che cosa pensare. Infine, la grammatica italiana: nove volte su dieci le email sospette si smascherano perché usano tempi verbali sbagliati o contengono improbabili errori di ortografia. Sicché torniamo ancora lì, all’importanza della cultura.

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