Conoscere ed imparare attraverso il dialogo per una trasformazione collettiva
di Michela Lupi , Effegiemme Consulting
Sappiamo molte cose su come funzionano le organizzazioni complesse: abbiamo un’ampia letteratura a disposizione che ci spiega, da una parte come disegnarle e gestirle; dall’altra, come contribuire alla crescita delle persone e all’innovazione, grazie alle sue strutture formali il sistema mantiene il suo equilibrio. Tuttavia, le strutture formali di comunicazione non possono ritenersi del tutto sufficienti per sostenere questo bisogno emergente di condivisione e nutrimento della conoscenza. Infatti, parte di questo processo generativo è sostenuto da processi di comunicazione di tipo informale: reti fluide di comunicazione mediante le quali ci si scambiano le competenze e si genera conoscenza tacita condivisa, strutture di relazioni non lineari, decentralizzate, interconnesse, interdipendenti e multidisciplinari. Le Comunità di Pratica (CdP) rappresentano la prova concreta che si possono progettare e sostenere spazi dove “gruppi di persone che condividono un interesse, un insieme di problemi, una passione rispetto ad una tematica e che approfondiscono la loro conoscenza ed esperienza in questa area mediante interazioni continue”. (Cultivating communities of Practice, Etienne Wenger, Richard Mc Dermott, William M. Snyder).
Un caso di eccellenza è rappresentato da Deutsche Telekom, che è la più grande azienda di telecomunicazioni della Germania con sede centrale a Bonn e che con i suoi 216.500 dipendenti è presente non solo in Europa ma anche in Asia e America. L’azienda ha dedicato molte energie nel sostenere la nascita di comunità di pratica: oggi sono più di 200 le comunità attive e rappresentano una consuetudine. Le CdP rispondono ai bisogni base dell’esistenza umana: stare insieme in una rete di relazioni aperte per il piacere di imparare, di costruire e di connettersi agli altri in modo
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