Dalle competenze base alle life skill
La formazione come bagaglio culturale
di Giorgia Pacino, giornalista
La domanda di conoscenza cambia nel corso del tempo. Con l’evoluzione del contesto sociale, economico e lavorativo, nascono nuovi bisogni e, di conseguenza, anche nuove competenze in grado di soddisfarli. Basti pensare all’accelerazione impressa dal digitale al mondo del Retail: se un tempo era sufficiente una minima dimestichezza con registratore di cassa, computer e fogli di calcolo, oggi si richiede ampia padronanza di piattaforme online, device mobili e software di gestione.
Per poter affrontare i cambiamenti in atto, è necessario quindi restare al passo con le nuove esigenze del mercato. Imparare a gestire progetti digitali e a utilizzare i dati nel processo decisionale oggi è utile tanto quanto saper accogliere il cliente in negozio. Se per restare competitivi nel mercato del lavoro serve ancora possedere una serie di competenze di base, è vero anche che la lista di skill si allunga: digital marketing, personal ed employer branding, innovation mindset sono tra le competenze più richieste, perché aiutano a sviluppare una mentalità creativa e innovativa e a utilizzare le nuove tecnologie per migliorare le attività. Così come il pensiero critico, la gestione delle diversità e la capacità di comunicazione (link a Feltrinelli).
Sono le cosiddette life skill, competenze trasversali che rispecchiano un’attitudine costruttiva e proattiva alla vita e al lavoro. Includono hard e soft skill, anche queste in continuo aggiornamento. Di fronte a un elenco sempre più ricco, è utile allora fissare dei punti fermi. Il Consiglio europeo ha tracciato un elenco delle competenze considerate necessarie per garantire realizzazione e sviluppo personale, cittadinanza attiva, inclusione sociale e occupazione. Sono quelle indicate nella Raccomandazione relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente: competenze alfabetiche, matematiche, digitali, ma anche personali e sociali, di cittadinanza, imprenditoriali.
“Saper essere” come competenza chiave
L’ultima voce è forse quella più sorprendente: riguarda la competenza “in materia di consapevolezza ed espressione culturali”. Essa implica “la comprensione e il rispetto di come le idee e i significati vengono espressi creativamente e comunicati in diverse culture e tramite tutta una serie di arti e altre forme culturali” e “presuppone l’impegno di capire, sviluppare ed esprimere le proprie idee e il senso della propria funzione o del proprio ruolo nella società”.
Questa competenza richiede la conoscenza di culture ed espressioni e include la comprensione dei diversi modi della comunicazione di idee. Secondo il Consiglio, acquisire tale competenza significa sviluppare abilità quali “la capacità di esprimere e interpretare idee, esperienze ed emozioni con empatia”, “la capacità di riconoscere e realizzare le opportunità di valorizzazione personale, sociale o commerciale mediante le arti e altre forme culturali” e “la capacità di impegnarsi in processi creativi, sia individualmente sia collettivamente”.
La competenza, insomma, che diventa cultura. Non pura abilità spicciola, non semplice “saper fare”. Una competenza chiave per il domani, sembra dirci la raccomandazione del Consiglio europeo, è “saper essere”: curiosità nei confronti del mondo, apertura a immaginare nuove possibilità, disponibilità a partecipare a esperienze culturali. È un approccio nuovo, che libera la formazione dall’angolo prettamente “nozionistico” in cui è stata a lungo relegata, per farne davvero un veicolo di arricchimento personale prima ancora che professionale.
Insegnare a riconoscere, esprimere e interpretare idee e processi creativi vuol dire fare cultura. Significa intendere la formazione come un’occasione di crescita e come un momento per acquisire gli strumenti necessari a decodificare la realtà. Imparare a leggere immagini, parole e dati non solo arricchisce il proprio personale set di competenze per il lavoro, ma amplia anche il bagaglio culturale della persona, fatto di conoscenze ed esperienze. Un bagaglio che va aggiornato sì, ma che resta valido sempre. Anche di fronte alle più grandi trasformazioni del nostro tempo.